DALLA SCRIVANIA DEL PRESIDENTE

Cari amici e compagni di preghiera,

A nome della nostra leadership e del personale dell’Ambasciata Cristiana Internazionale di Gerusalemme, desidero augurarvi una gioiosa Pasqua ebraica.

La liberazione di Israele dall’Egitto, avvenuta a Pasqua, quasi 3500 anni fa, rappresenta ancora oggi un evento fondamentale nella storia ebraica. Sabato sera, le famiglie ebraiche in Israele e nel mondo si riuniranno attorno a tavole imbandite per il tradizionale pasto del Seder di Pesach, che celebra la miracolosa liberazione degli antichi Israeliti dalla schiavitù in Egitto. Leggeranno la potente storia dell’Esodo, accompagnata da canti che proclamano la loro libertà e la loro fede in Dio. Tra canti e narrazioni, condivideranno un generoso banchetto incentrato su un piatto del Seder pieno di oggetti simbolici che richiamano gli aspetti chiave dell’esperienza della Pasqua ebraica.

Eppure, durante la celebrazione di quest’anno, i cuori degli ebrei saranno anche gravati dal dolore per gli ostaggi israeliani ancora prigionieri a Gaza.  Fortunatamente, il Signore ha risposto alle nostre preghiere negli ultimi 18 mesi liberando finora quasi 150 ostaggi, che ora saranno a casa a celebrare la Pasqua con le loro famiglie. Eppure, questi ex ostaggi sentono che non saranno veramente liberi finché i prigionieri rimasti non saranno liberati. Quindi, durante questo periodo di Pasqua, vi preghiamo di continuare a pregare anche per il ritorno sano e salvo di tutti gli ostaggi israeliani rimasti.

In questa occasione, noi cristiani abbiamo molto da celebrare. C’erano straordinari propositi profetici nascosti in quella prima Pasqua, che furono poi adempiuti da Gesù in quella fatidica Pasqua a Gerusalemme circa 14 secoli dopo. In effetti, il nostro agnello pasquale è stato immolato (1 Corinzi 5:7) e attraverso la Croce siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato (Galati 1:4, 5:1).

Tuttavia, secondo i profeti ebrei e anche il Nuovo Testamento, la storia dell’Esodo funge anche da guida profetica per la fine dei tempi e la sua Seconda Venuta.  Per approfondire questo affascinante argomento, vi invitiamo a leggere questo insegnamento su “La Pasqua come guida profetica”.

Vorremmo anche condividere con voi la nostra speciale serie di video sulla Settimana Santa. Che possiate essere benedetti mentre guardate questa serie di insegnamenti e di adorazione attuali da Gerusalemme durante il periodo della Pasqua.

Benedizioni da Gerusalemme,

Dr. Jürgen Bühler
ICEJ President

 

 

 

La Pasqua come guida profetica

Pubblicato il 20.01.2025

Di David R. Parsons, Vicepresidente Senior e Portavoce ICEJ

Mentre attendiamo con ansia la celebrazione della Pasqua questa primavera, è illuminante e confortante riflettere non solo sulla potente liberazione degli Israeliti dall’Egitto da parte di Dio circa 3500 anni fa, ma anche sul grande significato profetico di questo evento storico. La maggior parte dei cristiani sa bene come quella prima Pasqua abbia anticipato profeticamente la prima venuta di Gesù e la sua opera redentrice sulla Croce. Ma secondo i profeti ebraici e anche il Nuovo Testamento, la storia dell’Esodo funge anche da guida profetica per la fine dei tempi e la sua Seconda Venuta.

Gesù, il nostro agnello pasquale

Ci sarebbe molto da dire sui parallelismi tra la festa ebraica della Pasqua e la celebrazione cristiana della Pasqua o quella che preferisco chiamare “Domenica della Resurrezione”.

In parole povere, la liberazione fisica di Israele dalla schiavitù in Egitto fu un’anticipazione della liberazione spirituale che abbiamo in Cristo, la cui morte espiatoria ci ha liberati dalla schiavitù del peccato (Romani 6:17-18; Galati 5:1; Colossesi 1:13-14). Proprio come Dio risparmiò gli Israeliti dallo “sterminatore” quando vide il sangue di un agnello spruzzato sugli stipiti delle loro porte, il sangue versato di Gesù, il Messia, permette a Dio di “passare oltre” tutti i nostri peccati (Romani 3:25; 1 Corinzi 5:7).

La figura centrale della storia della Pasqua è Mosè, il Liberatore promesso in precedenza da Dio per liberare i figli d’Israele dalla schiavitù in Egitto (Genesi 15:13-14).  Allo stesso modo, Yeshua (Gesù) fu un Liberatore promesso e atteso dal suo popolo (Daniele 9:24-26; Michea 5:2; Matteo 1:21, 2:4-6; Galati 4:4).

In effetti, i numerosi parallelismi tra Mosè e Gesù sono davvero notevoli, incluso il fatto che entrambi avrebbero subito il rifiuto del loro stesso popolo (Numeri 14:22; Deuteronomio 18:15; Atti 3:14-18, 7:38-39).

L’Ultima Cena che Gesù consumò con i suoi discepoli fu indubbiamente del tutto simile ad un pasto del seder di Pesach. Quando Gesù si avvicinò al tradizionale terzo calice di vino a Pesach, il calice della redenzione, affermò: “Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi”.  (Esodo 6:6; Luca 22:20)

Proprio come la matza (pane azzimo) cotta per la Pasqua presenta piccoli fori e strisce, il corpo di Gesù fu trafitto per le nostre trasgressioni e la sua schiena fu segnata dalle lividure per la nostra guarigione (Salmo 22:16; Isaia 53:5; Matteo 27:26; Giovanni 19:31-37).

E proprio come a Israele fu comandato di celebrare la cena pasquale ogni anno in ricordo dell’Esodo dall’Egitto, Gesù disse ai suoi discepoli di consumare continuamente il pane e il vino dell’Ultima Cena in memoria di ciò che stava per soffrire per loro (1 Corinzi 11:25).

Altri dettagli nei Vangeli dimostrano chiaramente quanto Gesù assomigliasse all’agnello sacrificale della tradizione pasquale. Fu esaminato attentamente dai sacerdoti ebrei e persino dalle autorità romane per individuarne eventuali difetti. Morì su una croce proprio mentre gli ultimi agnelli pasquali venivano sgozzati nei cortili del Tempio. Non gli fu rotto alcun osso (Esodo 12:9; Salmo 34:20; Giovanni 19:33-36).

Quindi scopriamo che i grandi propositi profetici e redentivi, nascosti nell’esperienza pasquale originale, si sono palesemente realizzati durante quella fatidica Pasqua, alla prima venuta di Gesù circa 2.000 anni fa. Ma in che modo la storia dell’Esodo si collega alla sua Seconda Venuta?

L’Esodo come analogia con la fine dei tempi

È interessante notare come la Bibbia tracci anche una chiara analogia tra la partenza degli Israeliti dall’Egitto e il rapporto di Dio con Israele e le nazioni gentili alla fine dei tempi. Ad esempio, Geremia disse che il ritorno di Israele negli ultimi giorni rispecchierà l’Esodo e lo supererà persino in grandezza.

«Perciò, ecco, i giorni vengono», dice il Signore, «in cui non si dirà più: “Per la vita del Signore che condusse i figli d’Israele fuori dal paese d’Egitto”, ma: “Per la vita del Signore che ha condotto i figli d’Israele fuori dal paese del settentrione e da tutti gli altri paesi nei quali li aveva scacciati”. Io li ricondurrò nel loro paese, che avevo dato ai loro padri.“. (Geremia 16:14-15)

Questo stesso parallelismo si ritrova in Geremia 23:7-8, dove il contesto è ancora una volta il raduno finale del popolo ebraico nella sua antica patria. Qui, c’è l’elemento aggiuntivo che il promesso “Germoglio”, o Messia, apparirà sulla scena in questo momento per regnare gloriosamente, così che “Giuda sarà salvato e Israele starà sicuro nella sua dimora…” (Geremia 23:5-6).

Il capitolo 10 di Zaccaria contiene un messaggio simile, adottando persino una chiara immagine della separazione del Mar Rosso per descrivere questo tempo futuro in cui gli ebrei si sarebbero allontanati dalle nazioni gentili e sarebbero tornati a casa nella Terra d’Israele: “Egli passerà per il mare della distretta; ma nel mare egli colpirà i flutti, e tutte le profondità del fiume saranno prosciugate.” (Zaccaria 10:11)

Altrove, il profeta Michea prevede un tempo in cui Israele sarà finalmente restituita alla sua terra e al suo Dio, anche mentre Egli sta trattando con le nazioni in uno scenario simile all’Esodo, dicendo: “«Come nei giorni in cui uscisti dal paese d’Egitto, io ti farò vedere cose meravigliose».”.  (Michea 7:15) Il profeta vede anche il Signore “passare oltre” le trasgressioni del rimanente del Suo popolo, usando la stessa parola ebraica abar usata in Esodo 12:23 per descrivere come il Signore sarebbe “passato oltre” la terra per colpire gli egiziani nella notte di Pasqua.

Ora, nell’ultimo secolo circa, abbiamo assistito all’incredibile ritorno del popolo ebraico dalle numerose terre della sua dispersione e prigionia, proprio come i figli degli ebrei furono liberati per lasciare l’Egitto e partire verso la Terra Promessa. Ma dobbiamo ancora vedere la potente mano di Dio umiliare veramente le nazioni per aver maltrattato duramente il popolo d’Israele, come fece con il Faraone e il suo esercito alla traversata del Mar Rosso. Eppure, quel giorno arriverà sicuramente.

Si consideri che molti dei giudizi predetti nell’Apocalisse sono strettamente paralleli alle piaghe che colpirono l’Egitto. Delle dieci piaghe descritte nel libro dell’Esodo, cinque si trovano anche nell’Apocalisse. Questo include grandine mista a fuoco (Apocalisse 8:7); mari e fiumi trasformati in sangue (8:8, 16:3-4); locuste (9:1-11); ulcere ripugnanti simili a foruncoli (16:2); e tenebre (16:10-11).

Inoltre, i Due Testimoni che compaiono in Apocalisse 11 hanno poteri simili a quelli di Mosè (ed Elia) per invocare fuoco dal cielo, fermare la pioggia, trasformare l’acqua in sangue e “percuotere la terra con qualsiasi flagello, quante volte vorranno” (Apocalisse 11:5-6). Una scuola di pensiero sostiene che, proprio come Mosè invocò ogni piaga sull’Egitto durante la corte del Faraone, questi due unti saranno a Gerusalemme per invocare tutti i giudizi che si verificheranno nel periodo di tre anni e mezzo descritto nei capitoli da sei a nove di Apocalisse.  Questa visione è supportata dal versetto 10, che afferma che il mondo intero si rallegrerà della loro morte, perché “questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra”.

Il giudizio di Dio sulle nazioni negli ultimi giorni è spesso descritto dai profeti ebrei come culminante a Gerusalemme, per esempio in Gioele 3:1-3. È come se le nazioni avessero liberato il popolo ebraico per farlo tornare a casa, ma poi ci avessero ripensato e lo avessero inseguito lì, come fece il Faraone in passato. Anche il profeta Zaccaria, nel capitolo 14, parla di quel giorno in cui Dio radunerà tutte le nazioni a Gerusalemme per il giudizio. Sebbene la città subisca una grande distruzione, il Signore stesso apparirà sulla scena e “combatterà contro quelle nazioni, come egli combatté tante volte nel giorno della battaglia” (Zaccaria 14:3).

Il profeta descrive poi il Signore in piedi con i piedi sul Monte degli Ulivi, che miracolosamente si divide in due per aprire una via di fuga per il popolo d’Israele (Zaccaria 14:4-5). Questo evento profetizzato ha una somiglianza così inquietante con la separazione del Mar Rosso che dobbiamo concludere che si tratti di un ulteriore esempio dell’analogia biblica dell’Esodo collegata alla Fine dei Giorni.

È qualcosa di memorabile che delle acque si dividano per permettere ad un popolo di fuggire e poi si riuniscano nuovamente per far annegare il nemico inseguitore. Quanto più grande sarà la meraviglia nel vedere una montagna che si apre per liberare il Suo popolo proprio mentre le nazioni si stanno avvicinando a Gerusalemme! In effetti, l’Esodo moderno è ben lungi dall’essere terminato e la sua fine sarà più grandiosa di quel primo Esodo di molto tempo fa; sì, più grandiosa di quanto possiamo persino immaginare.

In verità, “il Signore vive!” Lo stesso Signore che morì su una croce a Pasqua affinché potessimo vivere con Lui per sempre.

David R. Parsons è un avvocato, scrittore, giornalista e ministro ordinato, che ricopre la carica di Vicepresidente Senior e Portavoce dell’Ambasciata Cristiana Internazionale di Gerusalemme.

articolo originale su: www.icej.org

Guarda il nostro webinar didattico biblico per approfondire la conoscenza di “La Pasqua come guida profetica”.

 

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